Attività nella selva e nella palude.

Clicca sulle foto per ingrandirle

Fra tutti gli ecosistemi del pianeta il più ricco produttore di biomassa è, in assoluto, l'ambiente palustre.                                                                       F. 1

L'uomo, misurando con il metro della sua convenienza, avrebbe voluto tenersene a debita distanza perché lo sentiva poco congeniale per le difficoltà di muovercisi, per l'umidità, gli insetti, i miasmi, le febbri e tuttavia… ne veniva irresistibilmente attratto: per la ricca presenza di animali da cacciare, per l'abbondanza di pesce, di legname, di erbe e frutti eduli, di paglia e giunchi per intessere rivestimenti e fabbricare tetti…Risorse innumerevoli e rischi senza fine.

Vale la pena di esplorare velocemente attività e mestieri, talvolta veramente singolari, legati all'ambiente ora bonificato dell'Agro Pontino. Attività e mestieri, fonti di vita e di ricchezza per chi ebbe forza e coraggio di affrontare quell'ambiente, esponendosi tuttavia al rischio mortale delle febbri palustri e della "mal'aria".

Il quadro di A. Bocchi dal titolo "Malaria" si trovava presso il comune di Sabaudia, ma da lì è scomparso durante l'ultima guerra. Il tragico destino delle quattro donne, ancor più che dell'uomo, ora morto di malaria e che loro avevano seguito nella palude nella speranza di trovar fortuna, è tutto riassunto nel gesto insieme sconsolato e rassegnato della donna in costume di Terelle. Il futuro, d'altronde, non promette niente di buono, dato che la più giovane delle donne, avvolta nella coperta, comincia anche lei a sentire i brividi della febbre malarica.

F. 2

Eccoli i principali mestieri della Selva di Terracina e della Palude Pontina:

Pescatori d'acque dolci  Cacciatori
Legnaiuoli Carbonai
Potassari Il pascolo e le lestre
Agricoltori Raccoglitori di ghiande
Scorzatori Ceppatori
Raccoglitori di paglia Ranonghiari
Mignattari Sandalari
Bufalari

Pescatori d'acque dolci. Ci vorrà la fine del 19° secolo perché a Terracina si cominci a praticare in modo sistematico la pesca in mare. Prima sarebbe stato troppo rischioso per la presenza di navi turche che di continuo pattugliavano le nostre coste, depredavano e facevano schiavi per venderli sui mercati del Nord-Africa. Per secoli l'unica pesca sicura e ben organizzata era quella in acque dolci.

Le antiche carte (questa di G. Fabri è del 1788) riportano un itinerario: "Strada de' Pesciaroli" che da Terracina e da Fogliano, tenendosi al di qua del Sisto, raggiungeva Cisterna. Il pesce catturato nelle peschiere raggiungeva Cisterna nella tarda mattinata, dove, in estate, veniva rinfrescato da uno strato di neve proveniente dai pozzi nivali di Carpineto, ed in serata il pesce arrivava a Roma.

F. 3

Le peschiere erano sbarramenti di pali, cannucce e reti, che lungo i fiumi e canali incanalavano il pesce nell'imbuto da cui veniva prelevato. A metà del '700 si contavano 21 peschiere. Quella di "Caposelce", tratta da uno schizzo della perizia Marchionni, si trovava all'altezza di Ponte Maggiore ed era una delle più grandi. Le capanne e la chiesetta dello schizzo sorgevano addirittura sul basolato romano dell'Appia.

F. 4

 

"L'ingegnero" Marchionni fu inviato dal papa, nel 1753, per effettuare una perizia che risolvesse definitivamente l'annosa questione: "Le peschiere, sbarrando o comunque rallentando il deflusso delle acque, contribuiscono in modo determinante all'impaludamento?" Gli interessi economici in gioco erano notevoli. La risposta del perito assolse, comunque, le peschiere ed incolpò, invece, il pascolo degli animali, che frequentando i corsi d'acqua, ne rompevano gli argini. Anche questo schizzo di peschiera è tratto dalla perizia citata.

F. 5

 

Tutte le peschiere furono smantellate alla fine del '700 in occasione della bonifica voluta da Pio VI, malgrado l'assoluzione voluta dal Marchionni, gli impianti ittici non potevano convivere con la bonifica. Tuttavia, in alcune zone, come nei laghi costieri di Fogliano, Caprolace e Monaci, l'attività supportata da impianti moderni e scientificamente gestiti non solo sopravvivono ma possono svilupparsi ulteriormente. La foto (Arch. Cons. Bon. 2 marzo '39) ritrae pescatori presso il lavoriero di Fogliano.

F. 6

La pesca, pur senza peschiere è sopravvissuta fin quasi ai giorni nostri sui fiumi ed i canali di bonifica, esercitata con bilance e martavelli, soprattutto per la pesca delle anguille. Il pescatore ritratto nella foto (Arch. Cons. Bon. 6 maggio '34) sta intessendo un cesto a cono che servirà per la cattura del pesce. Curiosa, seppur limitata, la pesca effettuata con l'euforbia arborea, pianta contenente un latice in grado di paralizzate il pesce: un editto emanato il 18 ott.1722 dal Duca Caetani ne proibisce espressamente l'uso.

F. 7

 

La caccia. Nel medioevo, ed ancora in epoca rinascimentale, la caccia, specie quella ad animali di grossa taglia, era un privilegio che i nobili si riservarono, tuttavia gli abitanti di Terracina trovarono in questa pratica spesso l'unica occasione di procurarsi proteine nobili. Ancora nel '700, il possesso di schioppi ed archibugi era cosa rara sia per i costi proibitivi, sia per le difficoltà di ottenere la licenza. Più facile quindi praticare la caccia di frodo con trappole reti e lacciuoli, o partecipare come battitori alle cacce organizzate dai nobili. L'immagine tratta dal Codice Alessandrino (1660) rappresenta scene di caccia al cinghiale e battitori che spingono gli uccelli verso la rete.

F. 8

L'incisione raffigura alcuni tipi di caccia. Oltre quella da postazioni con l'archibugio, in primo piano, venivano impiegati vari tipi di rete: fisse con imbuto finale e mobili, chiamate di "soprerba", simili a sciabiche trainate da uomini a piedi o a cavallo. Altri tipi di rete erano: la "lanciatora", simile al giacchio e "la pantera", utilizzata di notte su terreni coperti da cespugli. Verso la metà dell'800 l'antico diritto di caccia - ius venandi - veniva concesso in appalto ad un affittuario che dava il permesso in cambio della metà della cacciagione. Da quest'obbligo erano però esentati i cittadini di Terracina.

F. 9

 

Il legno, insostituibile materiale base e fonte di energia, fu sfruttato in quantità massicce nell'età di Roma antica, soprattutto per le costruzioni navali. Anche Genova, repubblica marinara, fin dall'origine riforniva i suoi arsenali con il legno di quercia proveniente dalla selva di Terracina e di Cisterna. Il rapporto con Genova, almeno con le ditte genovesi Ansaldo e Piaggio, continuò fino al ventennio fascista: le due industrie ebbero l'appalto per fornire traversine di quercia alle Ferrovie dello Stato. Il particolare della litografia ottocentesca di C. Coleman ritrae buoi e bufali trainanti un tronco enorme attraverso la selva.

F. 10

 

La maggior parte dei tagliatori veniva da Pettorano d'Abruzzo. Il legname da opera era ricavato da piante d'alto fusto "martellate". "La martellata" consisteva in una serie di operazioni: la scelta da parte di un perito delle piante da abbattere, la decortificazione con l'ascia di uno specchio presso la radice dell'albero, l'impressione con un martello delle lettere C A ,Camera Apostolica, (dal 1873 i beni passarono al Demanio dello Stato), controllo finale. I tronchi diventavano: travi, tavoloni, doghe di botte, per gli arsenali di Napoli, Tolone e Barcellona. Il legno da ardere veniva "accannato", cioè venduto a mucchi di una "canna napoletana", equivalente a 3,5 metri cubi.

La foto (arch. fot del T.C.I) mostra sandali che scaricano legna in prossimità dei punti di imbarco.

F. 11

 

I carbonai. Il legname di diametro inferiore era destinato a diventare carbone. Nel giugno del 1853, ad esempio, nel solo territorio della Selva di Terracina operavano 5 compagnie di 12 / 18 carbonai e portavano il carbone sulla spiaggia all'imbarco di Badino e di S. Andrea. Nel 1852, per dare un'idea, furono prodotte 700 tonnellate di carbone. I metodi di produzione sono rimasti immutati nel tempo, anche se ormai è raro vedere una carbonaia attiva, come questa fotografata negli anni '80 a Valle Marina.

F. 12

 

Questa foto d'epoca (Arch. Cons. Bon. 11 aprile 1934) ritrae in primo piano una carbonaia ormai pronta per essere coperta di terra ed accesa. All'orizzonte si intravedono cumuli di legna in combustione: sono altre carbonaie, ma anche potassare. Queste ultime bruciavano frasche e legna minuta, inadatta a far carbone, ma buona per diventare cenere da cui, per lisciviazione, si ricavata potassa (idrossido di potassio) impiegata nella produzione del sapone. Il cardinale G, Antonelli nel 1860 emanò un regolamento molto preciso a cui dovevano attenersi tutti i "potassari".

F. 13

 

Il pascolo e le lestre. Il diritto di pascolo e di costruirsi un rustico accampamento nella selva, ius pascendi et facendi lestri, era legato soprattutto alla pratica della transumanza. Pastori e mandriani venivano dal Lazio interno e dall'Abruzzo. I proprietari di bestiame, provvisti di raccomandazione e da garanzia di buona condotta, redatte dal parroco del paese di provenienza, entravano da due varchi: alla Sega ed al Ponte del Salvatore. Insieme al diritto di pascolo si acquistava anche quello di edificare recinti per gli animali e capanne per gli uomini (Arch. fot. T.C.I.).

F. 14

 

La durata della "fida", cioè del periodo in cui era consentito il pascolo nella selva, secondo il regolamento approvato dalla Giunta Municipale di Terracina nel 1878, andava dal 29 settembre all'8 di maggio. Esisteva poi un secondo contratto d'affitto; la fidarella che: copriva il periodo dal 9 maggio al 14 agosto. La fidarella veniva utilizzata soprattutto dai residenti a Terracina per la pratica della coltivazione di terreni a seminativi. Talvolta le lestre assumevano le dimensioni di un vero e proprio villaggio, come nella foto ripresa da N. Prampolini. Il fascismo nel 1934, ritenendole disdicevoli per il regime, ordinò di distruggere tutte le lestre: quelle degli allevatori e quelle degli agricoltori.

F. 15

 

Gli agricoltori. Nel perimetro dell'ex palude non mancavano i terreni adatti alla coltivazioni, talvolta, per comodità o per vicinanza all'abitato, tratti di bosco venivano tagliati per destinarli alla semina di grano, riso e mais (le cese). La mietitura estiva doveva essere effettuata nel più breve tempo possibile per sfuggire alle febbri malariche. Dai paesi dell'entroterra giungevano allora festanti compagnie di mietitori. Il romantico quadro di R. Hébert, conservato al Louvre, per simboleggiare l'estate, ritrae l'arrivo dei mietitori dalla Ciociaria nella Pianura Pontina,

F. 16

 

Raccoglitori di ghianda. Nello sfruttamento sistematico di tutte le risorse del territorio nulla veniva lasciato al caso: tutto era codificato, anche la raccolta delle ghiande. Si poteva essere ammessi a raccogliere ghiande nella selva ad iniziare dalla metà di ottobre fino all'ultimo giorno di carnevale ( ! ). Era assolutamente proibito scuotere i rami o batterli per far cadere i frutti. La data ultima di raccolta, però, era solo teorica dal momento che, ad iniziare dal 13 dicembre, si consentiva l'ingresso nei boschi anche ai porci.

F. 17

 

Scorzatori. Alla quercia da sughero (Quercus suber) può essere tolta la corteccia dal tronco e dai rami più grandi con una periodicità che va dai 9 ai 14 anni senza che la pianta ne soffri. Anche questa operazione era codificata, almeno a partire dal '500: lo "ius sceriandi subaros", appartenente al Signore, veniva concesso in appalto, in genere dietro pagamento di una percentuale del ricavato al momento dell'imbarco del prodotto. La pratica della decortificazione è praticata ancora oggi.

F. 18

 

Ceppatori. Quello dei ceppatori era un lavoro improbo, consisteva nell'estrarre dal terreno le grandi radici degli alberi tagliati per seminare il terreno. La ceppatura più redditizia era costituita dall'estrazione della radice di "scopiglio" (Erica arborea), la radica, utilizzata nella lavorazione delle pipe e di oggetti pregiati di arredamento. Il pittore N. Costa nel 1852 rimase colpito da un gruppo di donne che imbarcavano grandi ciocchi sulla spiaggia di Anzio (particolare).

F. 19

 

Raccoglitori di paglia. Tra i prodotti della palude più umili, ma non meno necessari c'erano: i giunchi, le cannucce e la paglia. Sedie ed oggetti di vetro venivano impagliati, le capanne coperte di giunchi e cannucce e con questi si facevano anche stuoie e graticci, cesti ecc. Anche le donne partecipavano alla raccolta e anche in questo caso il trasporto veniva risolto con i sandali, come rappresentato nel quadro di P. Barucci "Il lavoro nelle Paludi Pontine" (part. 1878).

F. 20

 

Il ranonghiaro, così veniva chiamato una singolare figura di pescatore della palude, specializzato nella cattura delle rane. Normalmente si serviva di una rudimentale lenza innescata con una lumaca, ma, nei periodi di fregola utilizzava due rane femmine legate per il collo, pancia contro pancia. In quei periodi ad ogni lancio sollevava ranocchi a grappoli e, naturalmente, erano tutti maschi. Le rane, decapitate e spellate venivano confezionate in filze tenute da un giunco e vendute a dozzine.

(foto Arch. Cons. Bon. 11 agosto 1930).

F. 21

 

Il mignattaro, era un prezioso alleato del medico, cerusico e farmacista ogni volta che c'era bisogno di un salasso. Il "Sor Checco" fu reso famoso da un articolo pubblicato dalla rivista del T.C.I. del 7 aprile 1921. Entrava nelle acque stagnanti armato di una mazza per agitare l'aqua ed un sacchetto in cui riporre le mignatte. Prima di inoltrarsi nel pantano, unica precauzione, indossava delle brache di tela al posto dei calzoni per non lasciarsi ferire troppo delle mignatte che con le loro ventose gli si attaccavano alle gambe.

F. 22

 

La mignatta, scientificamente denominata Hirudo medicinalis è un verme della classe degli anellidi, sottoclasse ed ordine dei Discofori. Ermafrodita, priva di tentacoli, ma fornita di una ventosa al centro della quale si apre la bocca con cui incide la pelle e succhia il sangue. Le ferite che procura sono indolori e, quando si stacca, il sangue cessa di scorrere perché il muco che il verme secerne mentre succhia ha un forte potere coagulante.

F. 23

 

I sannalari. Per muoversi in palude il mezzo di trasporto più diffuso era il sandalo, barca quadrangolare a fondo piatto. Con esso si trasportava di tutto: grano, riso e mais, legna e carbone… A secondo della navigabilità consentita dai fondali, si incontravano tre varianti di imbarcazioni: sandali, scafette e sandaloni ( il rapporto di grandezza tra loro era di 2, 8, 10). Tutti venivano sospinti dal sandalaro a poppa con una pertica puntata sul fondale. Dove però gli argini lo consentivano le imbarcazioni più grandi erano trainate da cavalli o da buoi.

Il quadro di D. Ricci rappresenta un sandalone trainato lungo il Canale Mortacino.

F. 24

 

I bufalari erano gli allevatori e conduttori di bufali. Questi possenti animali pare che fossero stati introdotti dall'oriente (Bupalus indicus = bue di palude proveniente dall'India) nel 593 dal longobardo Agilulfo che era venuto ad assediare Roma. Alcuni esemplari, discendenti da quella mandria primitiva, avrebbero trovato un ambiente ideale nell'Agro Romano e, soprattutto, nella Palude Pontina.

Il pittore A. J. Strutt (part. del quadro "Il giogo") li ritrae frequentemente nella loro primitiva destinazione che era quella di animali da fatica.

F. 25

 

Anche il pittore inglese C. Coleman sceglie spesso come soggetto dei suoi quadri i bufali. Qui una mandria viene spinta in acqua dai bufalari a cavallo ed indirizzata in acqua dai sandalari, armati di una lunga pertica appuntita: la "stuzza". Il metodo praticato per lo spurgo dei canali utilizzava la violenta carica controcorrente dei bufali: così i fondali venivano liberati dalle erbe palustri e le acque velocizzate.

F. 26

 

Quando si effettuava lo spurgo dei canali con "la parata dei bufali" - ciò è avvenuto fino a poco prima della seconda guerra mondiale - nel giorno precedente si "gettava il bando" affinché le donne che avessero avuto l'intenzione di andare a lavare i panni nel fiume, cambiassero programma. Qualche anziano in paese ricorda ancora il nome dell'ultimo banditore (Finizio) e quello dell'ultimo "re dei bufali" (Caetano). (Foto da "Le Vie d'Italia", marzo 1922).

F.27

.

Clicca qui per tornare al menù precedente

 

    foto 1 
   


 

 

 

 

 

 

 


Foto 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Foto 3

 

 


Foto 4


 

 


Foto 5

 

 




Foto 6

 

 




Foto 7

 

 

 

 



Foto 8

 

 


Foto 9

 

 



Foto 10

 

 

 

 

 

 


Foto 11

 

 

 


Foto 12

 

 

 



Foto 13

 

 

 



Foto 14

 

 

 

 


Foto 15

 

 

 

 


Foto 16

 

 

 


Foto 17

 

 

 


Foto 18

 

 

 


Foto 19

 

 

 


Foto 20

 

 

 

 


Foto 21

 

 

 


Foto 22

 

 

 


Foto 23

 

 

 

 



Foto 24

 

 

 

 



Foto 25

 

 



Foto 26

 

 

 


Foto 27